1.2.14

Per la stessa ragione del viaggio: viaggiare

Siamo riusciti a farci trascinare da forze motrici più grandi di noi. Molto più grandi di noi.
Passiamo i giorni feriali a schiantarci tra una polarità e l’altra, fino a perdere velocità, ammorbidirci, passare da uno stato solido a uno gassoso, che storia la sublimazione.
Non so essere diversa da quello che sono, e in cima alla lista dei miei buoni propositi c’è quello di non farne affatto.
Alle cinque del mattino, come un’illuminazione, mi viene in mente che non sono così male come alle volte mi capita di pensare, che è tutto un problema di autostima, di autoefficacia, di attribuzione di causa, di autosufficienza, che manco di oggettività. Allora vorrei guardarmi con occhi esterni, evaporare fuori dal corpo, stare a guardare, guardare e basta, osservare. Così invece di arrivare a un punto qualsiasi comincio a farneticare, soprattutto a implorarmi di dormire. Ci riesco anche abbastanza facilmente, ma un sonno di tre ore non serve nemmeno, e ci troviamo a scopare in orari impensabili e a salutarci prima di partire per l’occidente.
Tra gli altri propositi c’è quello di imparare a sputare.
Quando al primo anno si parlava di moratoria non immaginavo che potesse prolungarsi così tanto o, più ottimisticamente, ripresentarsi. Ad ogni modo è qui, e alle domande sulla mia età mentale rispondo “84”, ma è solo il primo numero a venirmi in mente. Non mi piacciono neanche i numeri pari.
Negli occhi ho gli alberi e il mare, gallerie e luce accecante. In testa ho te, come doppia esposizione, l’ecchimosi viola sul tuo collo, la voglia imperante di tabacco in gola.
Strade che non vedevo da troppo tempo, colori tenui ma densi di memorie, gli scogli e la pioggia, le lettere di un amore malato. Come tutti gli amori poi.
Tra gli ultimi propositi c’è quello di non truccarmi più prima di scopare.

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