Tratti onirici sulle guance e sulle rughe dovute all'espressione e forse anche a un’eccessiva esposizione a fatti e fonti luminose radioattive.
Hai 
miele tra i capelli, i semafori sono sempre rossi, i libretti di 
risparmio evaporano e i grassi idrogenati si depositano nelle nostre 
cellule impazzite.
Così degenero in un quadro sintomatologico che non
 riesco a togliermi di dosso, non sono del tutto certa che sia 
attendibile, gli studi statistici non hanno dato risultati 
significativi, ma secondo gli ultimi indizi raccolti sembrerebbero non 
esserci dubbi.
Con certe biografie non si può non essere immortali.
Smetterò
 di battermi in questa ciclotimica giostra del passatopresentefuturo, 
inguaribile e disturbata, dei giorni mai vissuti e di quelli che non 
tarderanno ad arrivare? 
Questo loop continuo ed estenuante del pensiero dei nostri corpi termodinamici e del nostro fuso orario di Bangkok.
Pensavo alla temporalità (alla percezione e alla rappresentazione)
ai déjà-vu e ai jamais-vu,
a tutte le distorsioni che idolatriamo e ignoriamo 
a un ormai consueto ed asfissiante bisogno di verità.
Come quando divento sospettosa e apro delle inchieste su casi irrisolti che con tutte le probabilità resteranno tali.
E
 i vecchi scrittori, quelli coi capelli bianchi ma ancora in vita, mi 
sgretolano e mi restaurano, l’immaginazione e la plasticità non sono più
 quelle di una volta. 
E tutto si riempie di metalli pesanti, di gas 
nobili decaduti insieme alla monarchia, tutto si carica di fototessere 
venute male e di sguardi impietriti.
Poi mi scrivi frasi 
apocalittiche, mi cerchi nei detriti, ti cerco nei frammenti di identità
 sopravvissuti alle catastrofi ambientali, mi cerchi nei cieli di 
dicembre, a volte perdiamo il respiro. 
Ma io esisto
tu esisti
e tu esisti
e io esisto
in
 altri mondi, in altri luoghi non troppo distanti da quelli che siamo 
abituati ad osservare, compromessi dalle dimostrazioni di indipendenza e
 dagli individualismi.
Comunque non faccio che pensare a te e al nostro fuso orario della Corea del Nord.
Che
 siamo un ritratto di famiglia ingiallito come quelli dell’età 
vittoriana, con gli abiti dello stesso colore grigiastro della pelle e 
delle pareti.
Soggetti attivi singolari incoronati formali incravattati signori per bene, galanti e ligi al dovere.
Prime persone singolari. 
Io io io io io io io io io io io io. 
Con certe biografie non si può non essere immorali.
Non
 ci vediamo perché siamo offuscati, siamo avvolti da un fumo denso e 
finiamo in uno stato stuporoso classificandoci in una posizione discreta
 sulla scala dei comi di Glasgow.
Chi ci salverà dagli scioperi dei viaggiatori, dalle autocombustioni, dall’estinzione dei cuori puri?
Davanti
 a spettacoli pirotecnici che sembrano fatti per noi ma non lo sono,  
per rimanere estranei, per sentirti urlare che mi ami, per trasformarci 
in ologrammi.
Nessun commento:
Posta un commento