14.12.13

Ologrammi

Tratti onirici sulle guance e sulle rughe dovute all'espressione e forse anche a un’eccessiva esposizione a fatti e fonti luminose radioattive.
Hai miele tra i capelli, i semafori sono sempre rossi, i libretti di risparmio evaporano e i grassi idrogenati si depositano nelle nostre cellule impazzite.
Così degenero in un quadro sintomatologico che non riesco a togliermi di dosso, non sono del tutto certa che sia attendibile, gli studi statistici non hanno dato risultati significativi, ma secondo gli ultimi indizi raccolti sembrerebbero non esserci dubbi.
Con certe biografie non si può non essere immortali.
Smetterò di battermi in questa ciclotimica giostra del passatopresentefuturo, inguaribile e disturbata, dei giorni mai vissuti e di quelli che non tarderanno ad arrivare?
Questo loop continuo ed estenuante del pensiero dei nostri corpi termodinamici e del nostro fuso orario di Bangkok.
Pensavo alla temporalità (alla percezione e alla rappresentazione)
ai déjà-vu e ai jamais-vu,
a tutte le distorsioni che idolatriamo e ignoriamo
a un ormai consueto ed asfissiante bisogno di verità.
Come quando divento sospettosa e apro delle inchieste su casi irrisolti che con tutte le probabilità resteranno tali.
E i vecchi scrittori, quelli coi capelli bianchi ma ancora in vita, mi sgretolano e mi restaurano, l’immaginazione e la plasticità non sono più quelle di una volta.
E tutto si riempie di metalli pesanti, di gas nobili decaduti insieme alla monarchia, tutto si carica di fototessere venute male e di sguardi impietriti.
Poi mi scrivi frasi apocalittiche, mi cerchi nei detriti, ti cerco nei frammenti di identità sopravvissuti alle catastrofi ambientali, mi cerchi nei cieli di dicembre, a volte perdiamo il respiro.
Ma io esisto
tu esisti
e tu esisti
e io esisto
in altri mondi, in altri luoghi non troppo distanti da quelli che siamo abituati ad osservare, compromessi dalle dimostrazioni di indipendenza e dagli individualismi.
Comunque non faccio che pensare a te e al nostro fuso orario della Corea del Nord.
Che siamo un ritratto di famiglia ingiallito come quelli dell’età vittoriana, con gli abiti dello stesso colore grigiastro della pelle e delle pareti.
Soggetti attivi singolari incoronati formali incravattati signori per bene, galanti e ligi al dovere.
Prime persone singolari.
Io io io io io io io io io io io io.
Con certe biografie non si può non essere immorali.
Non ci vediamo perché siamo offuscati, siamo avvolti da un fumo denso e finiamo in uno stato stuporoso classificandoci in una posizione discreta sulla scala dei comi di Glasgow.
Chi ci salverà dagli scioperi dei viaggiatori, dalle autocombustioni, dall’estinzione dei cuori puri?
Davanti a spettacoli pirotecnici che sembrano fatti per noi ma non lo sono,  per rimanere estranei, per sentirti urlare che mi ami, per trasformarci in ologrammi.

Nessun commento:

Posta un commento