Le parole ti scivolano tra le dita, le tieni strette in pugno, le nocche bianche, cosa custodisci di così prezioso in quella mano.
Ma le parole scivolano comunque, non riesci a trattenerle, sono liquidi altamente infiammabili e forse è meglio che le lasci andare.
Sono armi, come disse il primo degli uomini, sanno sempre dove colpire, a volte colpiscono e basta.
E poi non parli più.
Succede che, senza ragione, la Terra continua a compiere i suoi moti rotatori e rivoluzionari, ma non c'è nessuna rotazione, e soprattutto nessuna rivoluzione, tutto resta com'è, immobile. Ibernato.
E tu non parli più.
Dalla tua bocca non esce che vapore che si condensa e fa diluviare, e alzi il volume delle casse per non sentire i tuoni e quelli che parlano di testamenti biologici, accanimenti farmacologici, coma etilici, chiudi ermeticamente gli occhi per non aprirli più.
Le direzioni si invertono, e si invertono ancora, e si invertono, e si invertono, non riesci a controllarne il senso, la quantità, la durata, non riesci a valutarne il peso, la portata, la densità.
E tu sbiadisci.
Il campo visivo si capovolge, saranno condizioni accidentali, variabili non considerate, ma quasi sempre finiamo per trovare le coordinate geografiche sottopelle, nella carne, subito sotto il derma, nella muscolatura liscia.
E i tuoi colori diventano pallidi, perdi consistenza, saturazione, sei un ectoplasma, una visione dall'aldilà.
* Mi hai detto "solo così, solo con queste esplosioni, possiamo creare quei soli che si vedono di notte in nord Europa", ma non c'ho mai capito un cazzo dei tuoi discorsi.
Almeno alla fine c'erano dei bellissimi cieli autunnali.
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