17.5.13

Ibernami

Ora che il cielo al centro le ha colpite.

Vomito, nausea, disturbi gastrointestinali.
Solo per dirci parole d’amore e di guerra.
Ore e ore a fissare il vuoto incolmabile che ci separa, tienimi per mano, sto precipitando.
Le rappresentazioni mentali si susseguono a una velocità inaspettata, la fuga delle idee.
Il disturbo bipolare, il disturbo schizofreniforme.
Ho bisogno di un tetrafarmaco per ricordare gli eventi eticamente corretti e dimenticare tutto il resto, di un’amnesia selettiva, di tutti gli esami di coscienza di cui pure abuso, insieme agli innumerevoli effetti collaterali.
Le nostre specializzazioni, i nostri corpi separati.
Analizzare minuziosamente gli indizi e continuamente distruggersi il fegato e i polmoni per trovare un briciolo di salvezza. Sistemare ogni pezzo in modo da farlo coincidere con l’idea morbosa che ti sei fatta della vita quotidiana.
Intorpidita.
Mi aggrappo ai ghiacciai che si sciolgono per sempre, e, se dovessi chiedermelo, io sono quella che continuerà a farsi scegliere, e mai sceglierà.
E i milioni di cose che dovrei dirti, i milioni di cose che non dovrei.
Snaturami, fai della mia pelle delle lampade etniche, dammi fuoco. Prendiamo fuoco insieme. Nella monotonia dei nostri mancamenti sfoggio delle stereotipie verbali e motorie, poi me ne andrò.
La sicurezza degli oggetti
Cristallizzami. Mummificami. Ibernami.
Restiamo per sempre giovani.

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