11.1.10

Corto circuito

Light up, come se avessi scelta. Quando cerchi disperatamente qualcosa e solo dopo ti accorgi di avercela sempre avuta. Quando pensi di essere veramente ricco e solo dopo ti accorgi di non aver avuto niente, neanche per un attimo. Accendo la sigaretta e spengo la tv, sta esplodendo la stufa, e anche la felicità. Più tardi toccherà alle luci. E' possibile perdere ciò che non ti appartiene? E' possibile sradicare il camino e metterlo nella tasca interna del giubbotto quando ti si gela l'anima? Più forte, più forte. A volte sembra quasi che la simmetria esista davvero, anche negli applausi, è impressionante. E si continuano a battere le mani solo per capire se si è in grado di riuscirci ad ogni tentativo.
Quell'inevitabile momento in cui ti guardi intorno e senti di non essere lì, se non secondo le leggi della fisica, e se vogliamo anche della chimica, non era ancora arrivato. Probabilmente è necessario che ce ne sia uno almeno una volta al mese, come il ciclo mestruale, ma non per for forza nello stesso momento. Accade così all'improvviso che il tuo sistema immunitario non è in grado di gestire in tempo le proprie risorse in modo tanto efficiente da debellare immediatamente quella sorta di parassita che ti si insinua nella testa. E non essendo ancora arrivato, mi trovavo in un relativo stato di ansia, come se rischiassi una gravidanza isterica durante le feste di Natale. Aspettavo come una madonna medievale appesa alla forca. Per quanto mi impegnassi, mi riusciva difficile, però, sentire quel bizzarro formicolio ai piedi che gli impiccati accusano prima ancora che il boia assuma una posizione eretta sul suo palcoscenico personale.
Cercavo con la coda dell'occhio dei suggerimenti esterni che mi aiutassero propriocettivamente ad essere coerente, soprattutto per non infrangere la legge di continuità che regola, fra le altre cose, le illusioni ottiche. E allora pensai che se avessi dovuto cambiare idea, se dopo anni di no avessi detto di sì, se non avessi consegnato un'immagine di me nitida e sempre uguale a se stessa, sarei diventata un'illusione anch'io, una di quelle in cui non riesci a stabilire se la donna raffigurata ha venti o ottant'anni, o se due donne stanno gentilmente conversando di taglio e cucito o è semplicemente l'immagine della morte.
Poco importava se l'oggetto di discussione fosse la funzione divina del capo dello Stato o la formica che si era stabilita sull'angolo destro della finistra, dovevo essere coerente con me stessa. Dovevo parlare come me, muovermi, ridere, pensare e anche piangere come avrei fatto io. Dovevo riconoscermi e fare in modo che gli altri mi riconoscessero per mantenere quell'equilibrio cosmico che sembra esser messo in bilico anche da un semplice sfarfallio. E in quel momento, quell'inevitabile momento, capii che erano tutti intenti a fare esattamente la stessa cosa, passavamo la vita ad imitarci. Era rivoltante, oltre che terribilmente faticoso. Subito dopo vidi una stanza completamente buia, un'utopia di famiglia, e un insieme di buone maniere che rendevano i giorni di luce interminabili esercitazioni militari. Casa Finch era molto più accogliente.
Non riuscivo a distogliere lo sguardo dalle pareti. Erano sature di scritte e impronte ingiallite e cicatrici su ogni centimetro, per non fare disparità. Erano davvero orribili. Dovevo ridipingerle al più presto, cancellare quello che era stato, cambiare colore.
Avevo bisogno di colore, dopo tutto quel nero persistente. Quando sentivo che qualcosa, anche un minimo e insignificante dettaglio, stesse cambiando, avevo la necessità impellente di renderlo visibile. Le donne cambiano abiti e taglio di capelli, io invertivo l'ordine dei mobili o incidevo qualcosa sull'armadio o attaccavo un altro ritaglio di giornale abbastanza grande da coprire i precedenti e nasconderli finchè non li avrei dimenticati. Ma quella volta non bastava a farmi sentire rassicurata. Bisognava fare qualcosa di più drastico, anche sfondare il soffitto. Passeggiavo sul tetto col fumo della sigaretta che mi appannava la vista, aspettando di sentire l'eco stupita di un qualunque vicino di casa che giurasse di aver visto una squilibrata camminare con disinvoltura sulle tegole, e pensavo che intanto mi sarei accontentata di ridipingere le pareti.

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