Bob Corn a Messina ha cantato e parlato, ha raccontato in cambio di
canzoni, lui ci canta una canzone e in cambio noi ascoltiamo una o due o
anche tre storie. È ubriaco come Jannacci (a detta sua) e si perde in
discorsi interminabili, certe cose le farcisce di così tanti dettagli
anche se non sono mai esistite, come quando immagina di parlare con
qualcuno con cui poi parla davvero e incide il coro di una delle canzoni
più belle della storia con Bonnie Prince Billy, o almeno è quello che
ho capito. La sua vicina di casa sorda e il furgone rubato da qualcun
altro e graffiato da lui a Cefalù.
Bob Corn è vestito tutto di nero, sbatte i piedi sul palco per
accompagnarsi, ha i lacci rossi e finge che la sua chitarra sia il
Portogallo per spiegarci in che città sperduta è nata una delle sue
canzoni più dolci. E dice che un paio di canzoni erano senza titolo, e
dice che non ricordava il titolo dell’album, parla di arcobaleni e
gesticola tantissimo mentre lo fa.
Gesticola tantissimo sempre.
Bob Corn ripete sempre “figa”, “mica” e “grazie un bel po’”.
13/02/14
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