Corridoi in fiamme, le pareti crollano, ci si sbriciolano tra le mani, sugli occhi increduli.
Quando tutto questo sarà finito non resterà che cenere e polmoni imbrattati di noi che bruciamo, di noi che non siamo mai stati eroi e ci lasciamo bruciare, cenere e occhi spenti, cervelli di plastica riciclata.
Le connessioni neuronali si interrompono, l’eccessiva produzione di noradrenalina mi butta in uno stato iperadrenergico, non ci sono più. Mi consacro al dio della ruggine, al signore dell'anarchia.
Ti avevo raccontato dei giorni artificiali, dei mondi caotici del mio apparato respiratorio, degli attacchi di panico improvvisi che esplodono senza addurre motivazioni sufficienti.
Tu dicevi "addurre". Dicevi che avresti portato indietro il tempo e io ci immaginavo a ballare il valzer nei saloni delle case abbandonate.
Tu che accendi i sorrisi come fossero fiammiferi e mi porti a fare un giro su Marte e su molti altri pianeti minori che adesso hanno i nostri nomi.
Ti ho parlato del modellismo e della riduzione in scala, dell'effetto placebo, ma tu continuavi a fissare il cielo e gli astri e non ti accorgevi delle sindromi di Asperger che ci corrono dentro come fili sottilissimi di rame, che sono ottimi conduttori e ci collegano elettricamente. Ti avevo detto che siamo fragilissimi.
Se ci coprissimo il capo con dei sacchi di tela come si fa per i rapimenti non sarebbe poi difficile ritrovare la strada. Così siamo pronti a volare, giù dai grattacieli o dai crateri dei vulcani quiescenti, siamo pronti a schiantarci contro il suolo per non tornare più su quelli che un tempo furono i nostri passi. E la crosta terrestre ci parla di sopraffazioni, di forze gravitazionali e di volontà.
E saranno le aspettative, sarà che rabbrividisco, sarà la sospensione dei fiati a farci tremare così. E poi le viole sfioriscono, noi corriamo, non ci tocchiamo più.
Dammi ingenuità.
Dammi anidride carbonica.
Dammi bellezza intermittente.
Dammi cortocircuiti.
Adesso i battiti cardiaci si vedono a occhio nudo, e in mezzo agli incensi e alle candele hai cercato gli strumenti necessari per asportarmi il cuore e trapiantarmi il tuo. Hai sbirciato nel mio sterno e ci hai trovato il caos, un pandemonio di dimensioni cosmiche.
Mi baci le palpebre, poi ci disperdiamo nell'ambiente come sostanze tossiche, come materiale non degradabile.
Come materiale altamente incendiabile.
Siamo stelle nane incandescenti e tu mi fluidifichi i polmoni coi settemila gradi celsius dei tuoi sguardi.
Come i raggi ultravioletti e i tumori della pelle, mi bruci dentro.
"Ti porto tutt'altro che lontano, per non essere pipistrelli, almeno".
Sei una catocolamina, mentre balliamo il valzer nelle case abbandonate, e ti ripeto addurre,addurre, addurre come fosse la prima volta che sentissi quella parola.
RispondiEliminaE ogni volta che leggo qualcosa di tuo il mediastino comincia a sentire movimaneti irregolari, leggere alcune parti di noi mi fa sospirare d'amore e scoppiare.
Incandescenze ed uragani siamo, e le nostre vite sono state legate col ferro filato zincato che non si arrugginisce mai, che non si spezza mai.
-E mi portavi a vedere il tramonto più bello del mondo, mi portavi sulle montagne a vedere il panorama che non sapevo fosse cosi sontuoso, andiamo a fare i picnic sotto i cipressi, andiamo a fare compagnia alle farfalle e ai gatti selvatici, a leggerci i ti amo dalle labbra senza udire le nostre voci, accendendoci come ogni singolo attimo che siamo insieme, ammaccandoci come ogni volta che facciamo l'amore-
Sei il cielo, sei la stella che più si fa vedere, sei la mia adorabile cerby.