8.7.10

The day I died.

Proteggere, disse la piccola vietnamita dietro i microfoni.
Ridatemi gli occhi. Ridatemi i sensi.

Poi la morte ci si è fissata sulle retine, e per smacchiarle abbiamo pianto fino a disidratarci. Non esiste una sera che non sia malinconica. Chissà che voce avevano i filosofi e gli oratori, chissà se Ponzio Pilato faceva colazione. I denti a pezzi. Guarderò la strada di casa con gli occhi di un altro colore, inscatolerò il panico e lo riporrò sotto il letto per riscoprirlo nelle notti di solitudine, chiamerò salvatori gli sconosciuti e renderò grazie con un sottile olezzo di sangue. Ci siamo innamorati degli sguardi ciclotimici dei suonatori abbandonati. Le corde vocali tese tra i pali della luce, i cortocircuiti ai piedi dell'alba. Ed era terrificante scoprirsi mortali. Quello stridere insostenibile dei nostri pensieri peccaminosi ci dissociava dall'effimero tentativo di salvarci. I titoli peripatetici dei libri sull'aldilà.
Ho lasciato che un beffardo destino edipico si compisse sui miei stati d'incoscienza. Ho ceduto alla frugalità delle mie tentazioni. Mi sono concessa all'immoralità dell'eterno ritorno, alle nascite postume dei desideri che sfiorivano come battiti cardiaci alla fine dei nostri solfeggi austeri. I corpi ai bordi delle strade. Con una barbara ingordigia di storie mai esistite improvvisavo elucubrazioni sul senso della vita.
Mentre Tiresia si compiaceva delle sue previsioni.

Non vorrei crepare
Prima di aver gustato
Il sapore della morte. [Boris Vian]

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