un sabato di fine aprile mi hai detto 
siamo rampicanti
come la bougainvillea che hai raccolto al buio 
e hai messo sul tavolo 
per celebrare uno dei nostri giorni sacri
sei mio fino alla fine dei tempi
e non importa che 
la tovaglia fosse strappata o che 
i frutti di mare fossero avanzati 
non importa 
se raggiungiamo temperature troppo elevate 
e perdiamo la ragione 
perché non c’è niente che ci circondi 
se non creazioni metafisiche e arbitrarie 
di universi paralleli privati 
in cui la mia carne si mescola alla tua
universi onirici 
che sanno di stati infantili 
primordiali 
e di una mutua dipendenza 
che ci rende indissolubili 
ai limiti del concesso
ai confini del naturale 
con un contratto implicito di appartenenza 
sono tua fino alla fine dei tempi
e l’altrove non esiste 
se non entro il perimetro di ciò che chiamiamo
noi
si smaterializza a tempi alterni
per risorgere a ogni tuo ritorno nel campo percettivo
come la bougainvillea che hai raccolto al buio
che cresce anche in inverno
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